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Percorso didattico

Percorso 1: Contrada Bellia via case Arena









    Il percorso si snoda, per circa 1.160 metri, in c/da Bellia, ricadente nella zona A della Riserva Naturale Orientata Rossomanno Grottascura Bellia; lungo l’itinerario sono state individuate 82 specie di piante.
    Il percorso parte a circa 800 metri dalla caserma dei Vigili del fuoco di c/da Bellia e precisamente dal piccolo ponte di ferro di circa m 18, sito nel punto con le seguenti coordinate geografiche (espresse sia in latitudine e longitudine: Nord 37° 25’ 06,1’’ - Est 14° 22’ 59,1’’; che è anche il punto di arrivo.

    Dal ponticello si può osservare una fitta vegetazione di Rovo (Rubus ulmifolius), Sambuco (Sambucus nigra), Eucalipto (Eucalyptus camaldulensis), Quercia virgiliana (Quercus virgiliana), Edera (Hedera helix), Alloro (Laurus nobilis), una sclerofilla tipica dei boschi termofili in forre umide, spesso coltivato, e Asparago (Asparagus acutifolius).
    A circa m 40, sulla destra si osserva un affioramento di roccia, dove è presente una grotta, in passato utilizzata dai pastori, sulla quale vegetano la Ferula (Ferula communis), il Fico (Ficus carica), la Filigrana comune (Lobularia maritima), una piccola pianta erbacea perenne, i cui fiori profumano di miele, e la Vetriola minore (Parietaria diffusa).

    A questo punto si devia a sinistra per circa 4 metri e si riprende la direzione nord, passando accanto ad un abbeveratoio, adiacente al quale c’è un Eucalipto, lungo il tragitto sulla destra si osserva invece una prateria dominata dalla Piantaggine piede di lepre (Plantago lagopus), una terofita scaposa, e dalla Filigrana comune; sono pure presenti l’Euforbia cespugliosa (Euphorbia characias), l’Asfodelo mediterraneo (Asphodelus microcarpus), il Finocchio comune (Foeniculum vulgare), l’Asparago, la Carlina raggio d’oro (Carlina corymbosa) e la Masticogna laticifera (Atractylis gummifera), sulla destra si alternano Eucalipto, Alloro, Bagolaro (Celtis australis), Pino domestico (Pinus pinea); in circa m 69 si arriva ad una stradella che a sinistra in meno di m 75 conduce al complesso antico delle case “Arena”, circondate da Eucalipti; troviamo pure il Marrubio comune (Marrubium vulgare), l’Onopordo maggiore (Onopordum illyricum) e la Malva selvatica (Malva sylvestris); mentre nell’impluvio sotto le case troviamo Sambuco, Rovo, Alloro e Ferula.

    Continuando il nostro percorso in direzione nord, sopra le case “Arena”, per un tratto di circa m 16 sulla destra si scorgono Pino domestico, Bagolaro e Cipresso comune (Cupressus sempervirens forma pyramidalis), poi gli eucalipti si fanno più numerosi per circa m 30, dopo di che comincia a prevalere il Pino domestico; per tutto il lato sinistro prevalgono invece gli eucalipti, in mezzo ai quali si scorge qualche Quercia virgiliana.
    Dopo circa m 120 dalla stradella, che conduce alle case “Arena” incontrata precedentemente, si devia sulla destra in ripida salita per arrivare, in circa m 105, ad una stradella abbandonata; sulla destra predomina il Pino domestico ed inoltre si scorge il Cisto rosso (Cistus incanus) e il Cisto femmina (Cistus salvifolius), arbusti tipici delle garighe, sulla sinistra assieme al Pino domestico è dominante l’Ulivo (Olea europaea var. europaea); sono anche presenti il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e l’Alloro, mentre il sottobosco è dominato dalla Scilla marittima (Urginea maritima); sono anche presenti la Filigrana comune, la Ferula, l’Euforbia, il Geranio sanguigno (Geranium sanguineum), il Pungitopo (Ruscus aculeatus) e l’Asfodelo mediterraneo.

    Intersecando la stradella in disuso, continuiamo il nostro percorso in mezzo alla pineta mantenendo una direzione est, in circa m 65 intersechiamo un’altra stradella sulla quale passa un elettrodotto, questo tratto mostra un esempio di antropizzazione: l’elettrodotto (che può far riflettere sull’inquinamento elettromagnetico).
    Superata la stradella con l’elettrodotto, in circa m 63 arriviamo ad una radura con prateria dominata dalla Viola del M. Imetto (Viola hymettia) e dal Cisto rosso; sono anche presenti il Becco di grù a rosetta (Erodium acaule) e lo Zafferanetto comune (Romulea bulbocodium), una bella iridacea dai fiori bluastri, tipica delle boscaglie e dei prati aridi; sulla sinistra domina il pino domestico.
    Scendiamo lungo il costone orientale, sulla sinistra domina il pino domestico nel cui sottobosco scorgiamo il Lupino selvatico (Lupinus angustifolius) e sulla destra troviamo l’Eucalipto, ed in ripida discesa, in circa m 50, arriviamo ad una strada asfaltata, sulla destra abbiamo una Quercia virgiliana; da qui il percorso seguirà questa strada in direzione sud e in circa m 600 ci ricondurrà al ponticello di partenza.

    La strada costeggia sulla destra un impluvio dove è presente una vegetazione naturale interessante dominata soprattutto da Quercia virgiliana, tipica dei boschi termofili (ossia dei boschi localizzati nella fascia a bioclima mesomediterraneo caratterizzati da sclerofille sempreverdi e da caducifoglie termofile appartenenti alla classe Quercetalia ilicis), accompagnata da qualche esemplare di Quercia cerro (Quercus cerris) tipica dei boschi meso-termofili (ossia a dominanza di latifoglie decidue appartenenti alla classe Quercetalia pubescenti-petreae). Dall’altro lato dell’impluvio, sul versante sud-orientale della montagna di fronte, domina il Pino domestico.
    All’inizio del tratto asfaltato, sulla destra oltre alla Quercia virgiliana abbiamo il Rovo e il Giunchetto meridionale (Holoschoenus australis), una pianta erbacea perenne rizomatosa tipica dei pascoli mesofili montani e delle praterie inondate, e la Rosa selvatica comune (Rosa canina); sulla sinistra domina sempre il Pino domestico nel cui sottobosco troviamo la Salvia minore (Salvia verbenaca), la Filigrana comune, il Cisto rosso e il Timo arbustivo (Thymus capitatus); lungo il margine della strada troviamo l’Eucalipto e qualche Cipresso comune (Cupressus sempervirens forma oryzzontalis).

    A circa m 190 da quando abbiamo iniziato a percorrere la strada asfaltata, sulla destra troviamo un Castagno (Castanea sativa), mentre sul margine della strada compare la Felce aquilina (Pteridium aquilinum), tipica dei cespuglieti mesofili acidofili e boschi diradati; a circa m 35 dal Castagno sulla sinistra c’è una piccola roccia affiorante sulla quale vegeta l’Ombelico di Venere minore (Umbilicus horizzontalis).
    Continuando, lungo il margine destro si trova qualche Pino domestico, mentre nell’impluvio troviamo esemplari abbastanza grandi di Quercia virgiliana frammisti a qualche elemento di Sambuco.
    A circa m 230 dalla roccia affiorante, sulla destra comincia
    mo a incontrare qualche Robinia (Robinia pseudoacacia), insieme con Quercia virgiliana, Sambuco e Pino domestico; a ulteriori circa m 140 arriviamo al punto di partenza e di arrivo del nostro percorso.

    Percorso 2: Pulpi Ballerini o Pietre Incantate

    TEMPO DI PERCORRENZA: H.1;
    DISTANZA PERCORSA A/R: KM. 3+3;
    DISLIVELLO MT.: 364;
    DIFFICOLTÀ: E;
    ACCESSIBILITÀ: FACILE;
    MEZZI: A PIEDI, IN MTB;








      Giungendo al Vivaio Forestale di Ronza dalla strada SS 117 che collega Enna a Piazza Armerina, appena imboccata la strada che, superato un cancello, porta direttamente alle case del vivaio, ci troviamo dinanzi ad un bivio, a sinistra noteremo una stradella in battuto che si diparte dalla principale e che compie una curva in salita.
      Lasciata l’autovettura nel parcheggio, o, in giorni non particolarmente affollati, sul bordo destro della stradella, potremo subito dirigerci verso il luogo di uno dei fenomeni maggiormente interessanti dell’area della riserva naturale.

      Alla sinistra della stradella che abbiamo imboccato si diparte una altra sterrata che in maniera alquanto rettilinea e con brevi tratti in leggera salita, percorre un itinerario quasi costantemente parallelo alla direzione della vicina SS 117 coperta dal manto arboreo.
      Qui la copertura vegetale è essenzialmente costituita dagli Eucaliptus di rimboschimento e, tranne che in qualche caso particolare, risulta alquanto monotona anche paesaggisticamente, mentre la diffusione delle essenze odorosissime degli Eucalitti, conferisce ai luoghi un aria balsamica che ha degli effetti persino blandamente curativi.

      Percorsa tutta la stradella il cui fondo è costituito da strati di rosticcio delle vicine miniere di zolfo abbandonate, giungeremo dinanzi una chiudenda con u piccolo cancelletto in ferro e con un recinto robusto che la separa dalla strada, dentro la chiudenda, già visibili dalla strada, e per fortuna non coperti dagli alberi del rimboschimento, sono delle formazioni di roccia quarzarenitica dalle forme veramente fantastiche.
      Disposte a guisa di “menhir”, al punto tale da avere fatto pensare più volte ad un allineamento dolmenico di origine preistorica, queste strane rocce colonnari sembrano essere degli individui impegnati in una sarabanda festosa, in una danza sabbatica, rimasta pietrificata per l’intervento di una divinità o di un folletto dei boschi.

      Le pietre, a portamento colonnare, alte sino a tre metri dal livello base del suolo, sono di costituzione arenaria con colorito grigiastro accentuato dalla presenza di macchie di scorrimento delle acque e di licheni e l’impressione di trovarsi dinanzi a delle figure danzanti è fortemente accresciuta sia dalla uniformità del colore di tutto il gruppo, sia dalle fogge contorte e persino pervie che le rocce stesse assumono.

      In realtà i Pupi ballerini sono il risultato del percolamento di acque fortemente calcaree tra la sabbia che costituisce il substrato della zona, tecnicamente si direbbe che sono il risultato delle “correnti di torbida” che qui hanno raggiunto il loro effetto più vistoso quando la rimanente sabbia non compattata dal collante calcareo si è dilavata lasciando emergere le belle figure, in realtà tutta la zona è interessata da fenomeni simili di dimensioni minori, come ben sanno i custodi della Azienda forestale, che pian piano hanno raccolto i sassi creati da queste correnti e muniti tutti di forme veramente scultoree, con i quali hanno addobbato il giardino del vivaio.

      Percorso 3: La visita a Rossomanno

      TEMPO DI PERCORRENZA: H.4;
      DISTANZA PERCORSA A/R: KM. 5+5;
      DISLIVELLO MT.: 178;
      DIFFICOLTÀ: E E;
      ACCESSIBILITÀ: FACILE;
      MEZZI: A PIEDI, IN MTB;



      La visita all’area archeologica di Rossomanno è contemporaneamente una attività sportivo-naturalistica di buon livello e una gita di conoscenza della storia siciliana, infatti la nota dominante dell’itinerario che viene descritta brevemente è certamente il paesaggio, vastissimo, che spazia dalla Sicilia occidentale con le Madonie e, nei giorni di bel tempo con la lontana cima di Rocca Busambra, alla innevata e fumante cima dell’Etna ed ai monti Iblei.
      Questo paesaggio è a sua volta caratterizzato da un lato dalla presenza dei boschi di pini e dei valloni incisi e scurissimi e dall’altro dalle continue emergenze di resti e di ruderi della antica permanenza dell’uomo nella zona.

      L’itinerario potrà essere percorso interamente a piedi o, con grandi difficoltà che solo un fisico allenato ed un occhi esperto potranno superare, in MTB, con l’accortezza di portare la stessa a spalla per un tratto particolarmente impervio.
      L’itinerario si diparte dal tracciato della SS 117 all’altezza della contrada Furma e quindi tra il bivio della Strada Provinciale turistica di Grottacalda a Nord e il Bivio detto della Furma a Sud. Percorrendo la strada statale in senso Enna Piazza Armerina, e quindi da Nord a Sud, dopo esserci immessi sulla stessa all’altezza dell’innesto della Turistica, supereremo un breve tratto in salita e raggiungeremo il bivio della Furma, da questo, e solo da questo, potremo invertire il senso di marcia e potremo dirigerci di nuovo verso Enna percorrendo lentamente i primi metri della strada statale, quasi subito incontreremo alla nostra destra l’imbocco di una carrareccia che si diparte rettilinea verso Est tra gli eucalipti, è questo i punto di partenza dell’itinerario. Da qui potremo o proseguire con le auto per un certo tratto sino a raggiungere la fine della carrareccia, o scendere le bici e proseguire pedalando, o, ancora, lasciare le auto facendo attenzione a lasciare un certo margine di passaggio ai trattori ed ai mezzi di servizio, e proseguire a piedi.

      La carrareccia, il cui fondo è sabbioso e costituisce un impedimento particolare al passaggio delle ruote delle auto e delle MTB, attraversa in salita tutta la contrada Margio di Buffa, una zona di sorgenti, oggi in gran parte captate, il cui nome nasconde il ricordo di un pantano prosciugatosi a causa della captazione delle acque ivi affioranti.
      Seguendo poi un viale alberato, la carrareccia percorre le pendici Sud del monte Canalotto sino a raggiungere un vecchio abbeveratoio e una serie di casupole per la maggior parte ridotte a dei ruderi e vicine ad una serie di chiudende della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Enna, che sono poste a protezione di alcuni resti pre e protostorici venuti alla luce durante le campagne di scavo passate ed i cui resti asportabili sono oggi conservati ed in parte esposti presso il Museo Archeologico Regionale di Enna.
      Giunti alle chiudende si dovranno necessariamente abbandonare le auto e si dovrà fare molta attenzione a non perdere il sentiero in quanto lo stesso da carrareccia si trasforma in sentiero di mezza costa appena accennato.
      Bello è in questo punto il panorama che consente di guardare il vicino abitato di Valguarnera Caropepe dall’alto, separato dall’altura del sentiero dal profondo ed acclive Vallone dell’Inferno, nel quale con una certa attenzione si potranno chiaramente distinguere i dannosi effetti del passaggio degli armenti e del pascolo eccessivo.

      Il sentiero si inerpica a questo punto sulla pendice settentrionale del onte di Serra Casazze e per terra, dopo pochi passi, potremo già percepire la presenza dei resti del grande abitato scomparso di Rossomanno, salendo si giungerà ad una prima sella che divide la cima dell’altura della Serra in due distinte parti e che è chiaramente occupata da cumuli di pietrame appena sbozzato e da resti di muraglie sconvolte non solo dalle intemperie che da secoli le flagellano, ma anche dai picconi e dal fuoco degli eserciti dei lealisti aragonesi e dei latini che qui si fronteggiarono il giorno della fine della storica città.

      Interessante e percorrere con equilibrio le murature superstiti sia per gli innumerevoli scorci di antichità che nascondono, sia perchè tra le pietre fanno capolino le specie animali e vegetali che hanno colonizzato l’antica città riportandola alla selvaticità delle colline eree.
      Continuando il cammino verso Est si incontra un’altra chiudenda che protegge i resti indagati di una bella chiesetta medioevale della quale rimangono le strutture di fondazione e qualche concio in altezza oltre che i resti delle tombe “martyrion” che certamente davano al luogo una ulteriore impronta di sacralità.

      Dalla chiesetta si può scendere dall’altro lato della collina sino ad individuare di nuovo il sentiero che qui si riapre alla dimensione di una carrareccia e che cip porta in breve alla zona dell’acropoli di Serra Casazze.
      Qui in luce è il bello grande muro in conci squadrati che doveva difendere la parte più centrale della cittadina in periodo ellenistico e che ho già descritto nel paragrafo dedicato alla storia dei luoghi.
      Da qui si può notare come la strada moderna ricalchi pedissequamente la strada preistorica che saliva dal fondovalle sino a giungere ai piedi del muro dell’acropoli e, una volta superata una porta oggi non più esistente, portava all’interno dell’area murata.
      Il sentiero continua verso Est tra gli alberi che di nuovo si portano sino alla cima della collina e i buchi degli scavatori clandestini che armati di picconi pale e metal detector hanno butterato l’intera zona distruggendone irreparabilmente la maggior parte delle informazioni storiche così gelosamente conservate sino ai giorni nostri.

      Così la strada corre tra i resti ceramici e murari sconvolti ed affioranti sino a giungere dinanzi un blocco di calcarenite che si innalza isolato sulla cresta della collina e sul quale si ergono i resti di una possente struttura muraria.
      Sono i resti del castello della famiglia degli Uberti, gli ultimi feudatari del luoghi nonché le vittime illustri della guerra per fazioni che ne distrusse i feudi e ne decretò la condanna a morte.
      Il castello venne raso al suolo ed oggi dello stesso rimangono i resti di una torre in pietra calcarea grigia, a pianta quadra, che si innalza per pochi metri dal livello della roccia sulla quale è costruita.
      Salire sulla torre è veramente molto interessante nonostante questo comporti un minimo di difficoltà, infatti la torre si erge sullo strapiombo formato dalle pendici orientali della montagna di Rossomanno e si apre non solo sulla sottostante contrada Bosco, ma anche sulla parte orientale della Sicilia con una vista invidiabile della stessa.

      Poco più in basso, disseminati sulla pendice meridionale della altura della torre, emergono i pochi resti delle strutture accessorie del castello, strutture che vennero in seguito trasformate in ovile e che oggi a stento si possono seguire tra la vegetazione fittissima. Interessante è notare come proprio in questa parte del castello sia presente una macchia vegetazionale con presenze del Sommacco (Rhus coriaria), una pianta alloctona naturalizzatasi ed importata in Sicilia dagli arabi per le sue ottime proprietà nella concia delle pelli.
      Tornando alla strada si giunge all’altro grande monumento della vecchia città di Rossomanno, infatti al limite meridionale della collina, più in basso del castello ed in una posizione molto più tranquilla, si ergono i resti del Conventazzo, l’eremo che rimase a testimoniare nel corso dei secoli successivi alla distruzione il luogo in cui un tempo sorgeva la città e che spentisi i fuochi della guerra divenne un luogo di ascetismo.
      Il Convento, che ho descritto prima, oggi versa in condizioni precarie e pertanto sottolineo quanto sia importante evitare di entrare dentro le parti ancora integre soprattutto per i pericoli di crollo che minacciano le stesse.

      L’itinerario a questo punto è giunto alla fine e può essere percorso all’indietro per raggiungere il punto di partenza oppure prolungato continuando la trazzera che già ci ha portato al Conventazzo per scendere facilmente alla contrada Bosco e da lì proseguire sino a Valguarnera.


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