Archeologia
La conca pergusina viene identificata, da tempi remotissimi, quale scenario del mitico rapimento di Kore/Persefone, a partire dal testo pseudo-aristotelico De mirabilibus auscultationibus, che rintraccia nei pressi di Enna la spelonca dalla quale Ade viene fuori per portare con sé la fanciulla figlia di Demetra, per proseguire con Ovidio, Claudiano, Diodoro Siculo e Cicerone, i quali testimoniano una fase, a loro contemporanea, in cui Enna è divenuta la sede più importante del culto per le due dee che i latini chiameranno Cerere e Proserpina.
Il mito di Proserpina, in effetti, può considerarsi derivato dalla combinazione di diverse religioni stratificate, ognuna delle quali ha trasformato il racconto originario per adattarlo ad un universo mitologico ormai modificato. Alcuni studiosi ritengono infatti che l’originaria figura di Kore fosse, nella prima antichissima versione pre-greca del mito, disgiunta dalla madre, la dea Demetra, l’accostamento alla quale potrebbe corrispondere al momento di incontro tra una popolazione indigena stanziata proprio attorno al “prato sempre fiorito” scenario del rapimento (mitizzazione, forse, dello sprofondamento delle alture e della conseguente formazione del bacino lacustre) e la cultura greca penetrata in un secondo tempo in questi stessi territori.
L’antropizzazione del comprensorio che circonda il lago di Pergusa dovette effettivamente avvenire in tempi molto remoti che nuovi dati, leggibili dallo studio dei pollini ricavato in seguito a campionamenti effettuati sul fondo del lago, ci indurrebbero con cautela a collocare in epoca neolitica. Corrisponde infatti a questa fase un aumento della quantità di tracce di Olea, dato che confermerebbe, anche per Enna, il momento di introduzione della coltivazione dell’ulivo già registrata in altre aree del Mediterraneo intorno al 6000 a.C.. In realtà i più antichi manufatti individuati nell’area risalgono ad epoca eneolitica. Le esplorazioni effettuate a partire dai primi decenni del secolo scorso hanno svelato un’occupazione capillare di quasi tutte le colline che circondano il bacino. Le fasi più documentate sembrano essere quella protostorica e quella arcaica, con la dislocazione di vari villaggi di piccole-medie dimensioni, più volte caratterizzati da necropoli costituite da tombe a grotticella. Le campagne di scavo compiute a partire dal 1979 hanno messo in luce quello che forse doveva essere il villaggio principale di questo sistema: su Cozzo Matrice, insieme a tracce di un’occupazione durante l’età del Rame, sono stati individuati un abitato circondato da cinta muraria e una necropoli di tombe a grotticella con corredi databili al VI-V a.C. che testimoniano l’avvenuto incontro coi greci.
A monte del villaggio, sulla sommità del cozzo, il ritrovamento, di fronte a una grotta posta a dominio del territorio, di una sorta di recinto sacro, un themenos, in cui non mancavano ex-voto e piccole edicole, ha indotto a identificare l’antro con quello dal quale gli indigeni ritenevano che Ade fosse fuoriuscito per rapire Kore. Tracce di frequentazione sono state individuate anche nelle aree immediatamente limitrofe a questa, su Cozzo Jacopo, Monte Salerno e, a Sud del lago, su Cozzo Signore, Cozzo Capitone e Monte Carangiaro. Il contatto con genti di cultura greca non parla necessariamente a favore di veri e propri stanziamenti ma è possibile comunque riconoscere occupazioni strategiche di alcune parti del territorio da parte di greci addentratisi in quest’area interna posta a dominio di importanti direttrici di penetrazione. A Sud-Est del Lago, infatti, si individuano tracce di un insediamento, probabilmente di stampo militare tipo phrourion, sul Monte Juculia, un’altura terrazzata posta a 792 m. s.l.m. a dominio della Valle segnata dal torrente Torcicoda che doveva costituire una delle principali vie di penetrazione per chi dalla costa, risalendo lo Himera meridionale, l’odierno Salso in antico navigabile, si volesse inoltrare attraverso le aree montagnose del cuore della Sicilia per scoprire sulle rive del lago di Pergusa un paesaggio che il poeta Ovidio descrisse come luogo di “primavera eterna”.